Dopo Lo zoo di vetro, di cui Leonardo Lidi firmò adattamento e regia nella stagione 2019/20, il LAC torna a produrre un testo di Tennessee Williams, Improvvisamente l’estate scorsa, un dramma carico di simboli e visioni, che si sviluppa come un thriller psicologico in un vortice claustrofobico di tensione e violenza.
Per il suo debutto registico al LAC, Stefano Cordella, che ha scelto di confrontarsi con la lettura di uno dei testi più personali, sorprendenti e meno frequentati del celebre drammaturgo statunitense, affida la traduzione a Monica Capuani, studiosa che indaga la scena anglofona da anni, e dirige un cast di cui è protagonista Laura Marinoni.
Molte opere di Williams sono fortemente segnate da episodi di vita vissuta: nel 1943, Rose, sorella amatissima, subì un intervento di lobotomia effettuato con il consenso della madre; un vero e proprio trauma che segnò indelebilmente la vita dell’autore americano al punto da suggerire la scrittura di Improvvisamente l’estate scorsa, uno dei suoi lavori più autobiografici. Come spesso accade nei testi di Williams, il conflitto tra apparenza e verità diventa il fulcro della storia.
L’episodio che dona l’abbrivio alla pièce è il mistero che avvolge la morte improvvisa del giovane Sebastian, spirito gentile che ambiva a essere un poeta. La disgrazia viene narrata da due punti di vista diversi e contrapposti: quello di Mrs Violet Venable, madre di Sebastian, e quello di sua cugina Catharine Holly, con cui il giovane trascorse l’ultima estate della sua esistenza a Cabeza de Lobo. Al Dottor Cukrowicz, lo psichiatra incaricato di lobotomizzare Catharine, spetta il compito di scoprire la verità. Mrs Violet, nel disperato tentativo di difendere la reputazione di Sebastian e della famiglia, è disposta a tutto pur di far tacere la nipote, unica testimone della morte di suo figlio. Mrs Holly, madre di Catharine, e George, suo fratello, spinti da interessi personali più che da un reale desiderio di giustizia, complicano ulteriormente la vicenda.
Improvvisamente l’estate scorsa è una disturbante discesa agli inferi animata da personaggi che ne sono al contempo vittime e carnefici. I gesti d’affetto diventano strumenti di manipolazione per ottenere soldi, sesso o per nascondere la verità. La scena si fa spazio della memoria, luogo in cui ricordi e traumi si confondono in una sovrapposizione di simboli che rimanda al meccanismo dei sogni.
scene Guido Buganza | costumi Ilaria Ariemme | disegno luci Marzio Picchetti | suono Gianluca Agostini | aiuto regia Noemi Radice